Le chiamano morti bianche, ma è solo un modo per non chiamarle assassini. Non si può in uno Stato che si ritiene civile e progredito morire di lavoro! Non si può, in uno stato civile dimenticare chi muore di lavoro! Sono centinaia ogni anno i morti nell’agricoltura, nei cantieri, nelle fabbriche. Solo qualcuno riesce a fare notizia e se riesce a quale prezzo? Quello del rogo della TyssenKrupp di Torino. E l’informazione? Langue, annoiata. Questo spettacolo vuole dare voce alle vittime sacrificate sui tralicci, negli impianti, sui mezzi di trasporto, nelle macchine infernali … Si basa sulla testimonianza vera di una moglie e di una madre i cui cari sono stati uccisi dal lavoro. E i protagonisti di questo “lamento corale” si trasformano pian piano nei nuovi martiri della prepotenza della società moderna che si arroga la possibilità di sacrificare la vita umana all’inesorabile necessità della produzione e alla cinica logica del guadagno. Nel testo molti i passaggi analogici che fanno di questi nuovi santi le vittime sacrificali di un’umanità arrogante che è ancora rimasta alla logica della “pietra e della fionda” …