Programma di sala

Programma di sala

Marzo 26, 2022 Off Di Roberto BENA

Ogni persona percorre la sua esistenza come fosse un cammino verso il raggiungimento della trascendenza. Quando si nasce si è aiutati a farlo dalla propria madre e quando si cresce sono i genitori ad aiutarti nel percorso. Poi arriva il tempo della maturità, quando è l’individuo a determinare i propri comportamenti. Corta o lunga che sia la vita di un essere umano al traguardo si giunge da soli portandosi dietro il bagaglio delle proprie azioni positive e negative che siano.

Il momento dell’addio è quindi l’ultimo istante per depurare la propria anima da quelle colpe che ci si sente addosso come delle incrostazioni di vita vissuta. Nella mente umana passano quindi le immagini di una esistenza e soprattutto dei momenti più salienti. Il giungere a depurare l’anima anche nel momento più tragico può diventare una festa se la confessione dei propri disvalori è completata.

“E io ti dico che è festa d’aprile”, lo spettacolo che “La Rosa dei 20” porta in scena e promosso dall’ANPI di Montanaro, è un dramma di un essere umano che nell’ultima notte di vita è contornato dalle immagini, incubi notturni che la sua mente gli creano. Queste visioni lo riportano ad una vita vissuta in molti momenti con indifferenza, proprio come succede a molti esseri umani che vivono la vita adeguandosi al senso comune della storia. Appaiono gli incubi privati e le tragedie collettive legate a colpe mai confessate appieno.  Tra loro fortunatamente esiste uno spirito guida che lo aiuta nel suo ultimo percorso e che dopo le proprie confessioni lo libererà dalle incrostazioni del vivere quotidiano. Una liberazione che porta con sé il senso di una raggiunta maturità interiore che solo la confessione può esprimere.

La festa della Liberazione nazionale, può diventare quindi anche festa del ripensamento, e le giovani generazioni possono partire da questa riflessione per non essere mai indifferenti di fronte al male.

L’Autore – Riccardino Massa

“Non vaneggiare, anima mia, non render sordo l’orecchio del tuo cuore

con il tumulto della tua insipienza. Anche tu, anima mia, ascolta: il Verbo,

lui stesso, grida per invitarti al ritorno: là regna imperturbabile quiete

dove l’amore non teme abbandono, se esso stesso non abbandona.”

Sant’ Agostino – Le Confessioni – Libro IV – cap. XI

 “Questa immagine è la sintesi di tutti gli spiriti dell’alto e del basso senza alcuna separazione; essa è la sintesi di tutte le Sephiroth, di tutti i loro nomi, di tutti iLoro attributi, di tutte le loro denominazioni.”

 Il Libro dello Zohar – pagine tradotte dal caldaico da Jean De Pauly (1860-1903)

 “Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la Storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi è stato attivo e chi indifferente.”

Antonio Gramsci – Gli indifferenti (Città futura, 1917)

 

Testo e regia di Riccardino Massa

Dramatis personae

Il Vecchio                       Roberto Bena

Giovanna                       Tiziana Lugli

La badante                    Sabrina Pala

Carlo                              Francesco Fratarcangeli

Repubblichino               Flavio Guerriero

Soldato fascista             Marco Chiadò Caponet

Donna fascista               Renata Vitali

Madre ebrea                  Chiara Vercellini    

La figlia                           Lorena Rusu

Primo condannato          Cristina Costa

Altri condannati              Ilaria Giacchi, Sabina Garbuio, Chiara Vercellini

Donna ebrea                   Sabina Garbuio

 

Luci e musica a cura di Ilario Chiera, scenografia Francesco Fratarcangeli